Archivi del mese: settembre 2010

Messa al Monastero S. Benedetto di Bergamo

Una comunicazione di servizio: giovedì 7 ottobre 2010, alle 17,30, in occasione della Festa della Madonna del Rosario, presso il Monastero di San Benedetto, in via S. Alessandro 51 a Bergamo, sarà celebrata una Santa Messa nella Forma straordinaria del Rito romano (la Messa in latino solitamente detta di San Pio V).

Tutta la nostra famiglia è affezionata alle monache di Bergamo e alla liturgia monastica tradizionale; anche se non potremo essere fisicamente presenti, lo saremo senz’altro in spirito.

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San Michele arcangelo

Oggi è la festa liturgica degli arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele.

San Michele in particolare è il capo delle schiere celesti, colui che cacciò Satana dal Paradiso e a cui tradizionalmente si attribuisce il compito di pesare le anime al momento del giudizio (la sua iconografia lo rappresenta il più delle volte con spada e armatura, in altre occasioni con una bilancia in mano). A san Michele ci raccomandiamo pregando il rosario

Sancte Michael Archangele, defende nos in proelio; ut non pereamus in tremendo iudicio

C’è anche una versione più lunga della preghiera a san Michele

Sancte Michael Archangele,

defende nos in proelio;

contra nequitiam et insidias diaboli esto praesidium.

Imperet illi Deus,

supplices deprecamur: tuque,

Princeps militiae caelestis,

Satanam aliosque spiritus malignos,

qui ad perditionem animarum pervagantur in mundo,

divina virtute in infernum detrude.

Amen.

(San Michele Arcangelo, difendici nella lotta; sii nostro aiuto contro la cattiveria e le insidie del demonio. Gli comandi Iddio, supplichevoli ti preghiamo: tu, che sei il Principe della milizia celeste, con la forza divina rinchiudi nell’inferno Satana e gli altri spiriti maligni che girano il mondo per portare le anime alla dannazione. Amen.)

Per alcuni si tratta di un simbolo, e può certamente affascinare anche così, per noi si tratta di una splendida realtà. Oggi parleremo di san Michele con i bambini, guarderemo immagini, racconteremo storie e pregheremo insieme, domenica ci recheremo qui:

…alla Sacra di san Michele, in val di Susa. Con un gruppo di amici faremo un pellegrinaggio e saliremo pregando dai piedi del monte, parteciperemo alla santa Messa e poi pranzeremo in compagnia nella foresteria della Sacra. La Sacra, le cui origini risalgono circa agli anni attorno al 1000, fu costruita in seguito a una visione. La leggenda vuole che la prima fondazione fosse stata avviata sul monte di fronte, ma gli angeli nottetempo sottraevano i materiali faticosamente portati in cima al monte, per trasportarli sul monte Pirchiriano (dove ora sorge la Sacra). La sua collocazione sulla via francigena la collega idealmente a San Michele sul Gargano e a Mont Saint-Michel in Francia. La porta dello zodiaco è opera dello scultore Niccolò (XII secolo), che lavorò anche alla basilica di san Zeno, a Verona.

Una riflessione amara: basterebbe il semplice studio della storia di questa chiesa per convincere chiunque delle radici cristiane dell’Europa, solo i burocrati dell’UE non riescono a vedere la bellezza e la grandezza…

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Il mio piano bento

Nella programmazione stagionale dei pasti avevo pensato quasi a tutto, ma rimaneva ancora qualcosa da sistemare. Il mio schema basato su quattro settimane permette di tenere sotto controllo i pasti del fine settimana e tutte le cene. Ma rimaneva in sospeso il proposito di pensare anche a mio marito, che ha giornate piuttosto frenetiche e spesso finisce coll’ingurgitare qualcosa di fretta al bar (o col saltare direttamente il pranzo). Purtroppo si tratta di un’abitudine certamente dispendiosa, ma soprattutto poco salutare, specie per un iperteso che dovrebbe controllare al massimo l’alimentazione. Avevo in mente quindi un piano bento, ovvero la versione più moderna della classica schiscetta (qui a Torino si dice “baracchino”).

Per capire di cosa si tratta è sufficiente fare una ricerca su Google con la parola chiave “bento” o “bento box”.

Nel mio caso dovevo prima di tutto convincere mio marito, poi pensare un menù salutare e piuttosto variato (tenendo conto delle mille antipatie alimentari del soggetto), che fosse trasportabile comodamente e non richiedesse refrigerazione, né riscaldamento finale.

Infine trovare il contenitore adatto.

Ho invece lasciato perdere a priori alcuni virtuosismi nella disposizione dei cibi, un po’ perché non sono certa che mio marito mangi più volentieri un cibo disposto a faccia di Hello Kitty (eh, eh… me lo immagino…), un po’ perché il tempo assolutamente mancherebbe.

Il contenitore è quello che vedete in foto (l’ho trovato su casabento.com). Provvisto di sacchetto per il trasporto in tinta. Ho aggiunto anche un paio di forchette nello stesso stile sobrio, consapevole del fatto che un paio di bacchette in stile giapponese sarebbero state usate contro di me come arma impropria.

Per quanto riguarda la persuasione, direi che ho usato la vecchia tattica del fatto compiuto: ho comprato il contenitore e ho iniziato a riempirlo ogni mattina; solo un mostro ignorerebbe i miei sforzi, no?

Per quanto riguarda invece il contenuto, mi sono fatta uno schema di vari cibi graditi al soggetto e che avessero le necessarie caratteristiche di trasportabilità e conservazione, divisi per tipologia di apporto nutritivo. In questo modo cerco di bilanciare la composizione dei pasti, fornendo tutti i vari nutrienti. Ho eliminato i cibi troppo salati o grassi e cerco di non eccedere comunque con i condimenti.

Se qualcuno è interessato allo schema, ecco il link: http://www.scribd.com/doc/38302991/bento-2010

Ps.: mio marito è sembrato gradire, o forse sta meditando l’uxoricidio senza lasciare trasparire nulla all’esterno… lo scopriremo solo vivendo.

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Bambini e lettura, alcune riflessioni

Credo che sia risaputo, quasi un luogo comune, come la pratica della lettura influisca positivamente sul resto delle attività scolastiche: aiuta il linguaggio, stimola la fantasia, il ragionamento e i sentimenti. Il bambino che legge molto generalmente ha un vocabolario più vasto, fa meno errori ortografici e grammaticali scrivendo, afferra meglio i concetti, riesce a fare maggiori collegamenti interdisciplinari.

A me la lettura non interessa però come trucchetto per fare andare meglio i bimbi a scuola (semmai, ritengo questa una ricaduta benefica). A me interessa perché apre mondi sconosciuti, desta passione, interesse, capacità di confrontarsi con nuove idee, strumenti per trovare le informazioni che servono, possibilità di allenare i sentimenti e l’immaginazione in modo evocativo e personale. Ancora di più, la lettura mi interessa come forma di accesso alla grande letteratura e alla sua bellezza, alle idee, alla storia e alla filosofia, alla scienza. Nel regno dello spirito umano.

Per tutti questi motivi, leggo molto ai miei figli. Leggo praticamente ogni giorno. Dalle storie per piccolissimi ai libri sui vulcani o sul corpo umano. Dalle filastrocche ai classici per ragazzi.

Ovviamente ho gusti ben precisi, ma cerco di prendere in considerazione anche e soprattutto i gusti dei miei figli. Anzi, questo è un campo in cui mi aspetto che prendano l’iniziativa e scoprano poco alla volta quello che amano e quello che li annoia, che sappiano scegliere e godere  di un loro genere preferito, di un autore, di un registro piuttosto che un altro.

A casa mia, per lavoro e per passione, ci sono molti libri. Alcuni dicono “troppi”. Invadono ogni stanza, solo i bagni sono esclusi. Sono in sala, in corridoio, in cucina, nelle camere. Arrivano al soffitto, sono sovrapposti, in doppia fila, sui comodini, negli scaffali, sui tavoli. In una vita che vorrebbe ridurre tutto al minimo, sono l’unica cosa che davvero abbonda.

Non è dunque così strano che i miei figli abbiano tutti una certa propensione per la lettura, mai stimolata con premi o ricatti, ma respirata naturalmente fin dalla nascita. L’unico premio che si riceve qui per aver finito di leggere un libro… è di poter avere un nuovo libro da leggere!

Devo dire che l’anno scorso ha visto alcuni passi avanti, completamente autonomi, che mi hanno fatto piacere. La grande, da sempre lettrice di fantasy e storie di vampiri (se si esclude la letteratura e la filosofia che deve leggere per scuola, facendo il liceo classico), ha scoperto Shakespeare. Lo ha letto e riletto. La letteratura fantasy sconfina evidentemente in grandi capolavori (uno per tutti, Il signore degli anelli), ma conta anche tanti autori banali e ripetitivi. Non posso nascondere quindi una certa soddisfazione per questa nuova fase.

Caterina sta affrontando alcuni classici per l’infanzia. Fino alla terza elementare aveva letto qualche versione di classici nella serie di Geronimo Stilton. Per quanto riguarda questi libri (che siano storie originali o classici rivisti), ho sempre pensato che fossero particolarmente ripetitivi, stereotipati e banali. Bisogna però prendere atto che a molti bambini piacciono, di solito propongono buoni comportamenti e sentimenti, spesso riportano informazioni e curiosità interessanti. Noi ne abbiamo alcuni volumi e non credo che vadano demonizzati (anzi, sono un buon primo accesso alla lettura di storie un po’ più lunghe per bambini abituati a leggere solo brevi racconti o a non leggere affatto). Non devono però diventare neppure l’unica lettura a disposizione. Ed è così che ho proposto a Caterina alcuni libri in versione integrale. Ha iniziato con Gli otto cugini, di Louisa May Alcott, ha proseguito con Piccole donne e Piccole donne crescono, della stessa autrice. Ha poi letto Peter Pan, di James Matthew Barrie, Il giornalino di Gian Burrasca, di Vamba, una raccolta di Fiabe popolari lituane e una di Fiabe russe, il romanzo Idros, di Mariano Diotto, le Favole al telefono di Gianni Rodari, ora sta leggendo Il principe e il povero, di Mark Twain. Evidentemente ci ha preso gusto, perché mi ha chiesto di poter leggere anche I promessi sposi, l’Iliade e l’Odissea. In realtà sono un po’ perplessa, perché  temo che un approccio prematuro possa farle bollare alcuni testi come “difficili” o “noiosi”, allontanandola per sempre. Cercherò quindi delle buone riduzioni letterarie, del tipo scrittori che raccontano altri scrittori, ovviamente se le trovo.

Per quanto riguarda Giorgio lui è fatto a modo suo, ha letto l’anno scorso Cara Susi, caro Paul, di Christine Nöstlinger e, della stessa autrice, Diario segreto di Susi, diario segreto di Paul, ha iniziato poi la serie Gol!, di Luigi Garlando (per un patito di calcio, era inevitabile…). Gli piacciono Rodari e altri autori umoristici (le storie di Emanuele Luzzati tratte dalle Mille e una notte), però è anche uno spirito scientifico, quindi legge libri sui vulcani, sulle macchine, sullo spazio…

Marco e Benedetta non leggono ancora, leggo io per loro, tante storie, classici per bambini, fiabe, filastrocche. I fratelli Grimm e Rodari, Andersen e Munari, Esopo e Piumini… il tutto a sempre a richiesta (e incrociando le dita sperando di non dover rileggere la stessa favola per un mese di fila!).

Quello che più vorrei raccomandare è la lettura di versioni integrali e originali. Niente sminuzzamenti alla Disney o riduzioni più o meno semplificate. Evitate i libri brutti, con brutta grafica, brutta carta, illustrazioni mediocri (meglio allora nessuna illustrazione). Proponete ai vostri figli letture adeguate alla loro età, ai loro interessi e ai loro gusti, ma fate in modo che siano a loro modo dei gioielli, una vera esperienza intellettuale, non solo una serie di parole facili e noiose. Non è necessario fare balzi in avanti, ci sono capolavori per ogni età, ma sceglieteli con occhio esigente. Charlotte Mason, un’educatrice di cui ho già parlato qui e qui, parlava di living books e li proponeva come sostituti dei libri di testo predigeriti, delle antologie che procedono a spizzichi e bocconi, dei libri scolastici fatti per spegnere ogni interesse. Non sarà un caso se ancora oggi moltissime famiglie fanno homeschooling seguendo i metodi della Mason e se altrettante scuole (soprattutto nel mondo anglosassone) li adottano.

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Quando si dice "famiglia numerosa"

La nostra famiglia si può considerare una “famiglia numerosa”, o almeno rientra negli standard -ad esempio – dell’Associazione Nazionale Famiglie Numerose. Certo, la definizione è relativa a tempi e luoghi determinati (in altre epoche, o in altre parti del mondo, saremmo solo una famiglia “normale”)… ma se dovessimo basarci sui volti meravigliati, pietrificati, sdegnati o benignamente paternalistici (“meno male che ci pensate voi a fare figli…”) che ci vengono riservati quando diamo questa notizia, parrebbe invece di avere superato la barriera dell’eroismo o della demenza (a seconda della benevolenza dei vari interlocutori).

Il mio primo pensiero è che la cosa in sé non è poi tanto eccezionale. Non ci siamo sposati con l’idea di “strafare”, ma solo di avere una ragionevole apertura ai piani di Dio sulla nostra famiglia. I figli non sono stati programmati in massa, ma sono venuti uno alla volta, in modo ogni volta diverso, trovando ad accoglierli condizioni (di energia, disponibilità, economiche, affettive) sempre diverse. Personalmente non condivido la visione corrente dei figli come una scelta da fare a tavolino, incastrandoli in un puzzle di casa, lavoro, tempo libero, realizzazione dei genitori, possibilità di svago… c’è ancora spazio per un figlio? Uno e mezzo (o quasi, secondo la media nazionale)? Per me i figli sono qualcosa di più grande, che viene dalle infinite possibilità dell’amore e della vita, la realizzazione concreta e necessariamente finita di qualcosa di molto più vasto, l’accesso del possibile nel reale, la definizione concreta e tangibile di un’amore che è enorme e impalpabile. Anche i figli non voluti, non amati, sono tutto questo. Ogni persona lo è, perché espressione prima di tutto dell’amore di Dio, che ci ha amati per primo.
Ma nel concreto, come si vive con cinque figli?
Intanto, ci sono precise esigenze concrete. La macchina di famiglia è a sette posti. Possiamo comprarla usata, ma non avrà mai il costo di un’utilitaria. La casa, che per gli standard cittadini è piuttosto ampia (140 metri quadri), in realtà ci va molto stretta. Mancano armadi, librerie, scrivanie, e manca soprattutto lo spazio dove sistemarli. Con 5/6 paia di scarpe a testa (tra invernali, estive…) siamo a 42 paia di scarpe da contenere (ma la sedicenne ha un debole per le scarpe, quindi alza drasticamente la media). Tre paia di pattini in linea occupano molto spazio, credetemi. Sei biciclette pure. I libri di scuola e i quaderni invadono ogni spazio, le scorte alimentari per pochi giorni sembrano un piccolo supermarket.
Ecco, un primo aspetto della nostra vita è proprio questo: tutto in dosi massicce.
La spesa settimanale richiede tempo, denaro, energie fisiche piuttosto consistenti. Cucinare per 7 significa avere pentole grandi, dover tagliare più verdure, pulire più insalata, cuocere più di tutto, insomma metterci più tempo, avere bisogno di più spazio, avere dopo cena più piatti da pulire.
Anche un semplice raffreddore a casa nostra è una vicenda che dura almeno un paio di mesi (prima che ne siamo usciti tutti)… per poi magari incappare nel malanno successivo. I pidocchi li abbiamo presi una sola volta, ma è stato un vero incubo. Per una settimana ci siamo trasformati in una lavanderia professionale (e non che di solito la lavatrice riposi molto da queste parti…).
Fare un paio di giorni fuori casa richiede una preparazione di tipo militare (o more germanico, come direbbe qualcuno che conosco): dove si dorme, dove si mangia, come ci si sposta, se arriviamo in aereo prenotazione di un taxi con sette posti passeggeri, valigie non troppo ingombranti, ma senza dimenticare niente di quello che servirà o potrebbe servire… L’improvvisazione non è nelle nostre corde, ma soprattutto non è nelle nostre possibilità di sopravvivenza.
In secondo luogo, il nostro tempo è decisamente più razionato: i bambini vanno portati a scuola, ritirati, accompagnati dal medico, dal dentista, a catechismo, alle attività sportive, a casa degli amici, alle festicciole. Poi ci sono le riunioni a scuola, le festicciole di Natale e di fine anno scolastico (che ovviamente rischiano sempre di sovrapporsi). Pur essendo una famiglia che tende a limitare, è evidente che cinque è ben più di uno o due…
Lo stesso vale in parte per la gestione economica: si possono fare alcune economie di scala (passare letti, passeggini, culle, biancheria, vestiti, giochi e libri da un figlio all’altro), ma le cure mediche, le vacanze, i pasti, il materiale scolastico… ovviamente sono tutte cose che richiedono una spesa proporzionale al numero di figli.
Non ci sono però solo gli aspetto logistico-materiali. Ci sono quelli legati alla convivenza, al rapporto umano e intellettuale, agli affetti.
Da una parte, immaginate gelosie a geometria variabile, litigi ricorrenti, tentativi di ognuno di dimostrare ai propri genitori come proprio lui è il più derelitto e trascurato del gruppo! Dall’altra si vedono alleanze, slanci di affetto, strategie in funzione anti-adulti, gesti di generosità, i grandi che insegnano ai più piccoli, che li difendono nei confronti dell’esterno o degli stessi genitori. Quando uno è nei guai, c’è sempre qualcuno che arriva in soccorso.
Si vedono giochi nati all’improvviso, piccole e grandi passioni che dilagano come un’epidemia dall’uno all’altro. La consapevolezza di essere parte di qualcosa di più grande, dal quale non possiamo scorporarci neppure volendolo.
Poi c’è lo spirito di servizio e di autonomia, che noi genitori cerchiamo di coltivare: i miei figli hanno ciascuno dei compiti ben precisi, si fanno i letti (tranne la piccola), Giorgio prepara la tavola, Caterina la sparecchia, Giulia carica la lavastoviglie, Marco prepara per la colazione.
Tutti sono autonomi per quanto riguarda l’igiene personale (tranne Benedetta, che sa però vestirsi, lavarsi mani, faccia e denti, infilarsi le scarpe…). Abbiamo ancora un problema con il taglio delle unghie (taglio circa 100 unghie a settimana, le mie più quelle di altre quattro persone…). A tutti chiedo di aiutare come possono e di riordinare dopo le varie attività, Giorgio sa farsi il suo borsone per calcio, a tutti chiedo di tenere in ordine la cartella e il materiale scolastico. Sono piccole cose, ma spesso le maestre o gli educatori dei campeggi mi fanno notare che i miei figli sono più autonomi della media dei coetanei, quindi non sono del tutto scontate.
Infine c’è il vero sostegno, l’amicizia, un lessico e un clima comune, che vedo nascere in molte piccole cose e che vorrei durassero per la vita, soprattutto dopo e oltre la nostra presenza come genitori. Marco e Giorgio parlano spesso di quando vivranno insieme, Caterina mi racconta di quando vivrà in campagna e tutti noi andremo a trovarla… sono desideri che spero riusciranno a concretizzarsi in qualche modo (magari non proprio in ogni piccolo dettaglio come li immaginano oggi…).
Il momento che preferisco, per ora, è quando preghiamo e leggiamo insieme, poco prima di andare a dormire o nelle ore più rilassate dei fine settimana. In questi momenti le stanchezze vengono cancellate e rimane la consapevolezza che cinque preziose anime ci sono state affidate perché le rendiamo a Dio nel migliore dei modi. Un compito che dà le vertigini!

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Romualdica

Romualdica.

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Ancora pasti

Come dicevo, ho preparato un programma invernale per organizzare i pasti di famiglia.

Nei commenti Mara mi chiedeva qualche idea di menù, ho pensato allora che potesse essere utile condividere il mio .pdf. Almeno come spunto. Penso che gradualmente farò lo stesso con altri fogli che uso per organizzare vari aspetti della mia gestione domestica, un po’ per condividere, un po’ per lasciare una traccia a me stessa nel tempo. Magari sono troppo banali, ma sono così grata quando trovo in rete qualcosa che altri si sono dati la pena di condividere e che mi può essere utile, che mi sembrava giusto ricambiare come posso.

Ecco il link.

Ho pensato un menù su quattro settimane, con alcune varianti, perché mi sembra un blocco di tempo abbastanza lungo prima di ripetere gli stessi piatti. Le varianti sono utili per sfruttare particolari disponibilità di ingredienti e per potersi adeguare alla stagione (una polenta in questo settembre ancora caldo mi sembra prematura). Il pane è il più possibile fatto in casa, i dolci anche. In pratica, con la giusta flessibilità, si può usare questo schema tutto l’anno. Il venerdì nel mio caso non prevede mai carne e i pasti indicati sono quello serale dal lunedì al venerdì, pranzo e cena nel fine settimana. Ho provato anche a inserire di lunedì alcuni piatti che si possono fare anche con la dispensa semi-vuota successiva al week-end. Se fossi proprio bravissima avrei armonizzato le cene con i pasti dei figli (ma mangiano pranzo in tre scuole diverse, con tre diversi menù, mi sembrava un lavoro un po’ troppo complesso). Se avete un figlio solo, o più figli che mangiano le stesse cose a pranzo, varrebbe la pena di farlo.

Prossimamente… il mio piano bento, ovvero il mio schema per preparare la schiscetta a un marito recalcitrante!

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Ai giovani studenti

La cosa che Dio desidera maggiormente per ciascuno di voi è che diventiate santi.

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Jogging, tarantella e techno-pop

Il post di oggi è rigorosamente senza foto, in quanto dà già sufficiente disdoro aggirarmi per il quartiere in calzoncini e maglietta, il respiro ridotto a un rantolo e le guance paonazze… figuriamoci se faccio circolare immagini in internet!

Comunque è ufficiale: ho iniziato a correre. O meglio, a fare un mix di walking e jogging, almeno fino a quando non avrò un po’ più di fiato e resistenza. Per motivarmi ho preparato una playlist “da corsa”, con le mie attuali passioni musicali.

Non potevano mancare, tra gli altri, Ambrogio Sparagna:

e i Massive Attack:

Hanno iniziato a correre anche mio marito (con Caterina, che ha deciso di non fare altri sport per quest’inverno, preferendo invece prendere lezioni di pianoforte e lasciarsi un po’ più di tempo libero). Giorgio continua con il calcio, che è una vera passione, Marco invece vuole fare nuoto (in effetti è un bimbo-pesce), cosa che ci viene piuttosto facile, visto che la sua scuola propone un corso il mercoledì pomeriggio (giorno in cui altrimenti uscirebbe alle 12). Benedetta è a mio giudizio ancora troppo piccola per uno sport strutturato, mentre Giulia si iscriverà a una palestra per fare semplicemente un po’ di ginnastica.

Purtroppo il calcio risulta essere piuttosto impegnativo per gli accompagnamenti (due allenamenti in settimana e almeno una partita nel fine settimana), mentre tutte le altre scelte sono state fatte all’insegna della massima semplificazione e ne sono molto soddisfatta.

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Prima elementare

Lunedì scorso Marco ha iniziato la prima elementare. Inutile dire che io avevo le dita incrociate: conoscendo il carattere di mio figlio, la novità poteva solo scatenare forti emozioni, positive o negative che fossero.

Ebbene… Marco è entusiasta. Ha l’unico maestro (uomo) della scuola, che si chiama proprio come lui. Lo hanno fatto disegnare (non colorare schede) e in questo si sente sicuro perché è una sua passione e gli viene bene. Ha imparato a scrivere la data e non è stato troppo difficile. Nei corridoi e durante gli intervalli incontra suo fratello Giorgio e la sua classe (di cui conosce molti bambini). Ha già tenuto a precisarmi che non è come quell’odiosissima scuola materna che lui non sopportava affatto. Qui bisogna concentrarsi e si imparano cose nuove!

Qui sopra il nostro eroe in un momento di pausa dal duro studio, mentre cerca di rompersi l’osso del collo col monopattino su una pista da skateboard.

Anch’io sono contenta della scuola, del discorso caloroso di accoglienza, della preghiera proposta in semplicità a bimbi e genitori, dall’alzabandiera con il canto dell’Inno italiano – fatto con gli studenti più grandi-, del materiale già pronto, della classe con bellissimi cartelloni colorati riguardanti lettere, numeri e altri argomenti che si affronteranno nel corso dell’anno, del giardino dove i bambini vengono portati a giocare due e a talora tre volte al giorno.

Soprattutto sono contenta di vedere contento Marco, spero che il suo animo irrequieto trovi un posto dove passare bene i prossimi anni, dove crescere umanamente e intellettualmente, dove imparare ad apprezzare sé stesso e la conoscenza. Detto così sembra un po’ retorico, forse, ma in Marco ancora più che negli altri riconosco che il ruolo dell’educazione non è di mettere tante nozioni dentro a un bambino, ma di tirare fuori da lui le doti che già possiede, con la consapevolezza che questo è un lavoro difficile e delicato: è così labile il confine tra valorizzare e distruggere…

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