La nostra famiglia si può considerare una “famiglia numerosa”, o almeno rientra negli standard -ad esempio – dell’Associazione Nazionale Famiglie Numerose. Certo, la definizione è relativa a tempi e luoghi determinati (in altre epoche, o in altre parti del mondo, saremmo solo una famiglia “normale”)… ma se dovessimo basarci sui volti meravigliati, pietrificati, sdegnati o benignamente paternalistici (“meno male che ci pensate voi a fare figli…”) che ci vengono riservati quando diamo questa notizia, parrebbe invece di avere superato la barriera dell’eroismo o della demenza (a seconda della benevolenza dei vari interlocutori).
Il mio primo pensiero è che la cosa in sé non è poi tanto eccezionale. Non ci siamo sposati con l’idea di “strafare”, ma solo di avere una ragionevole apertura ai piani di Dio sulla nostra famiglia. I figli non sono stati programmati in massa, ma sono venuti uno alla volta, in modo ogni volta diverso, trovando ad accoglierli condizioni (di energia, disponibilità, economiche, affettive) sempre diverse. Personalmente non condivido la visione corrente dei figli come una scelta da fare a tavolino, incastrandoli in un puzzle di casa, lavoro, tempo libero, realizzazione dei genitori, possibilità di svago… c’è ancora spazio per un figlio? Uno e mezzo (o quasi, secondo la media nazionale)? Per me i figli sono qualcosa di più grande, che viene dalle infinite possibilità dell’amore e della vita, la realizzazione concreta e necessariamente finita di qualcosa di molto più vasto, l’accesso del possibile nel reale, la definizione concreta e tangibile di un’amore che è enorme e impalpabile. Anche i figli non voluti, non amati, sono tutto questo. Ogni persona lo è, perché espressione prima di tutto dell’amore di Dio, che ci ha amati per primo.
Ma nel concreto, come si vive con cinque figli?
Intanto, ci sono precise esigenze concrete. La macchina di famiglia è a sette posti. Possiamo comprarla usata, ma non avrà mai il costo di un’utilitaria. La casa, che per gli standard cittadini è piuttosto ampia (140 metri quadri), in realtà ci va molto stretta. Mancano armadi, librerie, scrivanie, e manca soprattutto lo spazio dove sistemarli. Con 5/6 paia di scarpe a testa (tra invernali, estive…) siamo a 42 paia di scarpe da contenere (ma la sedicenne ha un debole per le scarpe, quindi alza drasticamente la media). Tre paia di pattini in linea occupano molto spazio, credetemi. Sei biciclette pure. I libri di scuola e i quaderni invadono ogni spazio, le scorte alimentari per pochi giorni sembrano un piccolo supermarket.
Ecco, un primo aspetto della nostra vita è proprio questo: tutto in dosi massicce.
La spesa settimanale richiede tempo, denaro, energie fisiche piuttosto consistenti. Cucinare per 7 significa avere pentole grandi, dover tagliare più verdure, pulire più insalata, cuocere più di tutto, insomma metterci più tempo, avere bisogno di più spazio, avere dopo cena più piatti da pulire.
Anche un semplice raffreddore a casa nostra è una vicenda che dura almeno un paio di mesi (prima che ne siamo usciti tutti)… per poi magari incappare nel malanno successivo. I
pidocchi li abbiamo presi una sola volta, ma è stato un vero incubo. Per una settimana ci siamo trasformati in una lavanderia professionale (e non che di solito la lavatrice riposi molto da queste parti…).
Fare un paio di giorni fuori casa richiede una preparazione di tipo militare (o more germanico, come direbbe qualcuno che conosco): dove si dorme, dove si mangia, come ci si sposta, se arriviamo in aereo prenotazione di un taxi con sette posti passeggeri, valigie non troppo ingombranti, ma senza dimenticare niente di quello che servirà o potrebbe servire… L’improvvisazione non è nelle nostre corde, ma soprattutto non è nelle nostre possibilità di sopravvivenza.
In secondo luogo, il nostro tempo è decisamente più razionato: i bambini vanno portati a scuola, ritirati, accompagnati dal medico, dal dentista, a catechismo, alle attività sportive, a casa degli amici, alle festicciole. Poi ci sono le riunioni a scuola, le festicciole di Natale e di fine anno scolastico (che ovviamente rischiano sempre di sovrapporsi). Pur essendo una famiglia che tende a limitare, è evidente che cinque è ben più di uno o due…
Lo stesso vale in parte per la gestione economica: si possono fare alcune economie di scala (passare letti, passeggini, culle, biancheria, vestiti, giochi e libri da un figlio all’altro), ma le cure mediche, le vacanze, i pasti, il materiale scolastico… ovviamente sono tutte cose che richiedono una spesa proporzionale al numero di figli.
Non ci sono però solo gli aspetto logistico-materiali. Ci sono quelli legati alla convivenza, al rapporto umano e intellettuale, agli affetti.
Da una parte, immaginate gelosie a geometria variabile, litigi ricorrenti, tentativi di ognuno di dimostrare ai propri genitori come proprio lui è il più derelitto e trascurato del gruppo! Dall’altra si vedono alleanze, slanci di affetto, strategie in funzione anti-adulti, gesti di generosità, i grandi che insegnano ai più piccoli, che li difendono nei confronti dell’esterno o degli stessi genitori. Quando uno è nei guai, c’è sempre qualcuno che arriva in soccorso.
Si vedono giochi nati all’improvviso, piccole e grandi passioni che dilagano come un’epidemia dall’uno all’altro. La consapevolezza di essere parte di qualcosa di più grande, dal quale non possiamo scorporarci neppure volendolo.
Poi c’è lo spirito di servizio e di autonomia, che noi genitori cerchiamo di coltivare: i miei figli hanno ciascuno dei compiti ben precisi, si fanno i letti (tranne la piccola), Giorgio prepara la tavola, Caterina la sparecchia, Giulia carica la lavastoviglie, Marco prepara per la colazione.
Tutti sono autonomi per quanto riguarda l’igiene personale (tranne Benedetta, che sa però vestirsi, lavarsi mani, faccia e denti, infilarsi le scarpe…). Abbiamo ancora un problema con il taglio delle unghie (taglio circa 100 unghie a settimana, le mie più quelle di altre quattro persone…). A tutti chiedo di aiutare come possono e di riordinare dopo le varie attività, Giorgio sa farsi il suo borsone per calcio, a tutti chiedo di tenere in ordine la cartella e il materiale scolastico. Sono piccole cose, ma spesso le maestre o gli educatori dei campeggi mi fanno notare che i miei figli sono più autonomi della media dei coetanei, quindi non sono del tutto scontate.
Infine c’è il vero sostegno, l’amicizia, un lessico e un clima comune, che vedo nascere in molte piccole cose e che vorrei durassero per la vita, soprattutto dopo e oltre la nostra presenza come genitori. Marco e Giorgio parlano spesso di quando vivranno insieme, Caterina mi racconta di quando vivrà in campagna e tutti noi andremo a trovarla… sono desideri che spero riusciranno a concretizzarsi in qualche modo (magari non proprio in ogni piccolo dettaglio come li immaginano oggi…).
Il momento che preferisco, per ora, è quando preghiamo e leggiamo insieme, poco prima di andare a dormire o nelle ore più rilassate dei fine settimana. In questi momenti le stanchezze vengono cancellate e rimane la consapevolezza che cinque preziose anime ci sono state affidate perché le rendiamo a Dio nel migliore dei modi. Un compito che dà le vertigini!