Archivi del mese: aprile 2010

La sfida educativa

Questa è forse l’unica reale possibilità che abbiamo di riuscir loro [ai figli] di qualche aiuto nella ricerca di una vocazione, avere una vocazione noi stessi, conoscerla, amarla e servirla con passione: perché l’amore alla vita genera amore alla vita. (N. Ginzburg )

Il Progetto culturale della CEI (Conferenza episcopale italiana) ha presentato nel 2009 un grande tema che dovrà impegnare un decennio di lavoro e interesse da parte di tutta la Chiesa italiana: si tratta della “sfida educativa”, cioè l’educazione come gesto fondativo della persona umana e della società, contestualizzata nelle difficoltà e opportunità specifiche del presente.
Nel libro si trattano temi come la rinuncia ad educare diffusa in molti strati della società e il dovere di educare di ogni generazione.
Si affronta il tema dell’educazione in diversi contesti, quali famiglia, lavoro, scuola, sport, comunità cristiana, mass media, spettacolo, impresa, consumo.
Non è un caso se il problema dell’educazione sembra il più urgente, da una parte per la necessità di fare il duro lavoro di trasmettere conoscenze e valori dal nulla ad ogni generazione (non importa quante conquiste abbiamo fatto o crediamo di avere fatto: il percorso dei nostri figli inizia sempre da capo), dall’altra per le difficoltà e le carenze specifiche della nostra epoca, che tutti rileviamo in questo settore.

2 commenti

Archiviato in educazione, libri

Santa Caterina e san Marco


La seconda metà di aprile è piuttosto densa, dal punto di vista degli onomastici di famiglia. Ne abbiamo 3 in sette giorni: san Giorgio, san Marco e santa Caterina.

Non ho avuto il tempo di scrivere un post speciale per il mio piccolo Marco, spero che non si offenda a doverlo condividere con sua sorella Caterina.
Un abbraccio ai miei cuccioli… nella foto ci siete voi, ma sei anni fa, il giorno del battesimo di Marco. Ho ritrovato da poco questa foto e mi fa piacere dedicarvela oggi!

3 commenti

Archiviato in famiglia, feste

Pregare con i bambini/4

Nei giorni scorsi ho percorso il perché, il come, il cosa. Il mio breve viaggio nella preghiera con i bambini è quasi finito, anche se mi piacerebbe sentire altre esperienze, scoprire abitudini e stili diversi dal nostro.
Vorrei però aggiungere un’appendice su una pratica devozionale tradizionalmente collegata alla preghiera in famiglia e alla grazia particolare da cercare in quanto famiglia.
La famiglia è un organismo che ha suoi funzionamenti, sue gioie e suoi problemi specifici, risorse e fatiche che le sono proprie. E’ particolarmente importante che ogni membro della famiglia cerchi di accrescere la particolare grazia di stato che ci permette di compiere il nostro dovere proprio in quanto membri di questo particolare gruppo umano.
Pregare il Rosario in famiglia significa metterci alla scuola della Vergine Maria per andare incontro al suo Figlio, significa prendere a modello la famiglia di Nazareth per la nostra famiglia.
I vantaggi di questa preghiera si possono così riassumere:
1. il Rosario ci mette sotto la particolare protezione di Maria;
2. il Rosario ci induce a meditare sulla vita di Nostro Signore, sulle virtù praticate da lui, da sua madre e da san Giuseppe, indicandoci un modello anche per la nostra famiglia;
3. il Rosario ci riunisce, addolcisce i cuori a volte feriti, dà slancio a quelli stanchi, nel Rosario ritroviamo quell’unione e quella vicinanza interiori che talora la vita di tutti i giorni tende a disperdere.
Come dire il Rosario?
Se il cuore di questa preghiera è sempre lo stesso, trattandosi di una pratica popolare molto antica e molto diffusa tende ad avere una parte introduttiva e una finale estremamente variabili (aggiunta di pratiche personali, abitudini locali…). Personalmente, quando dico il Rosario da sola o con mio marito, preferisco il latino e aggiungo alcune preghiere (per il Papa, per delle intenzioni particolari…), ma quando la dico con i bambini ritengo che sia importante andare all’essenziale, rendendola più breve e semplice possibile: in questo modo non diventa troppo noiosa e i bambini possono ricordare molto più facilmente cosa viene dopo, quindi è per loro più semplice partecipare conducendo a turno le preghiere.
Se possibile, ogni bambino avrà un proprio Rosario personale, colorato e resistente (può essere anche l’idea per un semplice lavoretto).
Si inizia con il segno della croce. (Nel nome del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo. Amen).
(è importante che questo segno sia fatto bene e conosciuto dai bambini)

Si annuncia il primo mistero del giorno (Nel primo mistero gaudioso contempliamo l’Annuncio dell’angelo Gabriele alla Vergine Maria…)
Un membro della famiglia a turno dice la prima parte del Padre Nostro (fino a “come in Cielo così in terra), gli altri membri rispondono con la seconda parte del Padre Nostro.
Riprende la persona che aveva detto la prima parte del Padre Nostro, dicendo la prima parte dell’Ave Maria (fino a “Gesù”). Il resto della famiglia risponde con la seconda parte dell’Ave Maria. Si ripete questo passaggio per 10 volte (intanto i bambini si aiuteranno con i loro Rosari personali per tenere il conto).
Ancora il membro della famiglia che sta conducendo questa decina inizia il Gloria (fino a “Spirito Santo”), gli altri rispondono con la seconda parte del Gloria.
Tra una decina e l’altra, dopo il Gloria, si può aggiungere “Gesù mio, perdona le nostre colpe, preservaci dal fuoco dell’Inferno, porta in Cielo tutte le anime, specialmente le più bisognose della tua misericordia. Amen“. (facoltativo)
Si termina con un Salve Regina e ancora il segno della croce.
Per riassumere:
segno della croce
primo mistero
1 Padre Nostro
10 Ave Maria
1 Gloria
1 Gesù mio (facoltativo)
secondo mistero
1 Padre Nostro
10 Ave Maria
1 Gloria
1 Gesù mio (facoltativo)
terzo mistero
1 Padre Nostro
10 Ave Maria
1 Gloria
1 Gesù mio (facoltativo)
quarto mistero
1 Padre Nostro
10 Ave Maria
1 Gloria
1 Gesù mio (facoltativo)
quinto mistero
1 Padre Nostro
10 Ave Maria
1 Gloria
1 Gesù mio (facoltativo)
Salve Regina
segno della croce
Ed ecco lo schema dei misteri, a seconda dei giorni della settimana:
Lunedì e sabato
Misteri gaudiosi (Annuncio dell’Angelo Gabriele alla Vergine Maria, Visita della Vergine Maria a Santa Elisabetta, Nascita di Gesù in una grotta a Betlemme, Presentazione di Gesù al tempio, Ritrovamento nel tempio di Gesù disputante tra i dottori della Legge)
Martedì e venerdì
Misteri dolorosi (Agonia di Nostro Signore nell’orto del Getsemani, Flagellazione alla colonna di Nostro Signore, Incoronazione di spine di Nostro Signore, Salita al monte Calvario di Nostro Signore carico del pesante legno della croce, Morte in croce di Nostro Signore)
Mercoledì e domenica
Misteri gloriosi (Resurrezione di Nostro Signore, Ascensione al Cielo di Nostro Signore, Discesa dello Spirito Santo su Maria e gli apostoli riuniti nel cenacolo, Assunzione in Cielo della Vergine Maria, Incoronazione di Maria regina del Cielo e della terra nella gloria degli angeli e dei santi del Paradiso)
Giovedì
Misteri luminosi (Battesimo nel Giordano di Nostro Signore, Autorivelazione di Nostro Signore alle nozze di Cana, Annucio del Regno di Dio e predicazione di Nostro Signore, Trasfigurazione di Nostro Signore sul monte Tabor, Istituzione dell’Eucarestia durante l’ultima Cena).
Come molte cose, è molto più facile farlo che spiegarlo: non abbiate paura di proporlo in macchina, durante viaggi lunghi, aspettando da qualche parte, camminando, né lasciatevi impressionare se soprattutto i più piccoli non vorranno dirlo tutto, ma solo un pezzetto. Con i piccolissimi si può anche dire un solo mistero, magari spiegato con qualche parola alla loro portata.
Con i ragazzi più grandi si può arricchire in vario modo: un metodo classico è aggiungere la lettura di un breve passo evangelico o una frase da meditare per ogni mistero annunciato. All’inizio, subito dopo il segno della croce, è prassi piuttosto comune dire il Credo, un Padre Nostro, tre Ave Maria (una al Padre, una al Figlio e una allo Spirito Santo) e un Gloria introduttivi.
Buona preghiera!

4 commenti

Archiviato in educazione, famiglia, preghiera

Pregare con i bambini /3

Dopo aver parlato del perché e del come, vorrei raccogliere ora alcune delle preghiere più diffuse e adatte alla preghiera in famiglia. Alcune sono conosciutissime, inoltre su vari libri di devozione se ne trovano certamente molte altre , adatte a varie circostanze. Personalmente sono convinta che in questo ambito, come in altri, le cose basilari sia quelle fondamentali, quindi provo a raccogliere le preghiere che diciamo in famiglia con i bambini, ad uso di chi volesse qualche idea.
Ti adoro del mattino
Ti adoro mio Dio e ti amo con tutto il mio cuore, ti ringrazio di avermi creato, fatto cristiano e conservato in questa notte. Ti offro le azioni della giornata: fa’ che siano tutte secondo la tua volontà e per la tua maggior gloria. La tua grazia sia sempre con me e con tutti i miei cari. Amen.
Ti adoro della sera
Ti adoro mio Dio e ti amo con tutto il mio cuore, ti ringrazio di avermi creato, fatto cristiano e conservato in questo giorno. Perdonami il male oggi commesso e se qualche bene ho compiuto, accettalo. La tua grazia sia sempre con me e con tutti i miei cari. Amen.
Prima del pranzo
Benedici, Signore, noi e questi tuoi doni che dalla tua infinita bontà stiamo per ricevere.
R. Amen
Alla mensa celeste ci renda partecipi il Re dell’eterna Gloria.
R. Amen
Prima della cena
Benedici, Signore, noi e questi tuoi doni che dalla tua infinita bontà stiamo per ricevere.
R. Amen
Alla cena della vita eterna ci conduca il Re dell’eterna Gloria.
R. Amen
Padre Nostro
Padre nostro, che sei nei Cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in Cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Amen
Ave Maria
Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te: tu sei benedetta fra le donne e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, madre di Dio, prega per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte. Amen
Gloria
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, com’era nel principio, ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen
All’angelo custode
Angelo di Dio, che sei il mio custode, illumina, custodisci, reggi e governa me, che tu fui affidato dalla pietà celeste. Amen
L’eterno riposo
L’eterno riposo dona loro, Signore, e splenda ad essi la luce perpetua, riposino in pace. Amen
Salve Regina
Salve Regina, madre di misericordia, vita, dolcezza e speranza nostra, salve!
A te ricorriamo, esuli figli di Eva, a te sospiriamo gementi e piangenti in questa valle di lacrime. Orsù dunque, avvocata nostra, rivolgi a noi gli occhi tuoi misericordiosi e mostraci, dopo questo esilio, Gesù, il frutto benedetto del tuo seno. O clemente, o pia, o dolce vergine Maria. Amen
Noi al mattino diciamo Ti adoro del mattino, Padre Nostro, Ave Maria, Gloria, All’angelo custode, L’eterno riposo e Salve Regina, la sera diciamo Ti adoro della sera, Padre Nostro, Ave Maria, Gloria, All’angelo custode, L’eterno riposo e Atto di dolore.
Inoltre diciamo le preghiere dei pasti. In questo modo, in pochi mesi di ripetizione, si imparano le principali preghiere cattoliche. Il tutto non richiede, complessivamente, più di dieci minuti al giorno. Le stesse preghiere, infine, possono essere “combinate” diversamente in una delle più belle devozioni mariane, a cui Maria ha spesso legato le sue promesse di protezione della famiglia e di sostegno nelle difficoltà: il Santo Rosario (di cui mi riprometto di parlare nei prossimi giorni).
Intanto, buona preghiera…

2 commenti

Archiviato in educazione, famiglia, preghiera

San Giorgio


“Il tribuno Giorgio era originario della Cappadocia. Giunse una volta nella provincia di Libia, in una città chiamata Silena…”, così iniziano le pagine dedicate a san Giorgio da Jacopo da Varazze nella sua Legenda Aurea.
Vicino a Silena c’era un lago infestato da una creatura mostruosa: dopo aver sacrificato tutto il bestiame, il re decise che a turno le famiglie del posto avrebbero inviato al drago i propri figli, per evitare di essere completamente distrutti dal mostro.
Fino al giorno in cui non venne estratta a sorte proprio la figlia del re.
Il re avrebbe voluto sottrarsi ma il popolo, ormai segnato da numerosi lutti, insorse e il re dovette dunque inviare a malincuore la propria figlia incontro al drago, vestita da sposa e in abiti regali. La giovinetta si incamminò dignitosamente verso il proprio dovere, quando Giorgio la raggiunse, sfidò il drago e lo consegnò mansueto alla principessa, che lo condusse in città ormai domato o, in altre versioni, morto. La commozione e il tripudio per i fatti accaduti causarono la conversione dell’intera città al cristianesimo. San Giorgio morirà poi martire, ma anche su questo aspetto della sua biografia i dati sono molto scarsi.
E’ chiaro che in una storia come questa non è facile distinguere la realtà dalle aggiunte poetiche, ma possiamo immaginare mille pericoli che incombono su una città e molti modi in cui un cuore puro, coraggioso e fermo potrebbe venire in suo soccorso.
Nel medioevo san Giorgio incarna un modello per l’ideale cavalleresco e il suo culto diventa uno dei più diffusi nella cristianità, si estende dalle chiese orientali fino ai numerosi paesi d’Italia intitolati al santo, il quale è patrono di Ragusa, Reggio Calabria e molte altre città, a lui sono anche “dedicati” uno stato caucasico e uno degli stati degli USA. San Giorgio è patrono di Inghilterra, Portogallo e Lituania, oltre ad essere il patrono degli scout.
La sua storia è raccontata in un bel libro per bambini che leggiamo spesso in famiglia.
Ma soprattutto il suo nome è legato a uno dei miei tre maschi di famiglia, i miei cavalieri splendenti.
Il cavaliere Giorgio che gioca a calcio come un forsennato, che fa stragi di cuori tra le sue compagne di classe trattandole con gentilezza e giocando con loro, che quando si arrabbia ai giardinetti lancia il guanto di sfida a “chi corre più forte”, che ama fare esperimenti scientifici e sapere tutto sui paesi del mondo, ma non ha pazienza per colorare con le matite, che vivrebbe di latte e torta al cioccolato e ha un coniglio verde nel letto… buon onomastico, amore mio!

2 commenti

Archiviato in famiglia, feste

Pregare con i bambini /2

Continuo il discorso di ieri, venendo ora al come proporre la preghiera in famiglia.
In questo caso ogni famiglia ha il suo stile, non dobbiamo dimenticarlo e tentare di entrare in schemi non nostri. Possiamo però provare a prendere, tra un certo numero di strategie, proprio quelle che fanno per noi.
1. Il primo consiglio è, come sempre, di riconoscere l’importanza dell’esempio. Se a noi non importa nulla della preghiera, se è un’ulteriore scocciatura in un elenco di cose da fare, non possiamo pretendere dai nostri figli l’entusiasmo che non riusciamo noi stessi a dimostrare. Il primo insegnamento della preghiera in famiglia è che la preghiera, il rapporto con Dio, è una cosa seria e importante prima di tutto per noi adulti, non una cosa da bambini da abbandonare appena si può.
2. Un buon sistema per inserire la preghiera nelle nostre vite e in quelle dei nostri figli è di assegnarle un posto fisso. Molto più facile pregare sempre allo stesso punto della giornata (appena svegli, oppure – come facciamo noi – subito prima di uscire di casa al mattino, prima di andare a letto, o dopo aver messo i pigiami o… in qualunque altro momento in cui la vostra routine può essere convenientemente modificata). Una cosa ottima è la preghiera prima dei pasti, che permette alla famiglia di fare un attimo di silenzio, di “sentirsi unita”, prima di cominciare un momento così importante per i bambini. Le giornate sono spesso frenetiche, a volte rumorose: fermarsi tutti un istante, parlare in modo piano e cadenzato, ricomporci anche fisicamente, ci aiuta a sentire il momento dei pasti come un momento di unione speciale e di vero ringraziamento per i doni ricevuti.
3. Ci sono famiglie che usano pregare con preghiere fisse, altre che preferiscono lasciare liberi tutti i propri membri di esprimere qualche pensiero personale. Noi diciamo spesso delle preghiere note, come il Padre Nostro, l’Ave Maria… ma in alcuni casi particolari possiamo aggiungere dei pensieri personali. Così i bambini hanno modo sia di imparare le preghiere comuni della Chiesa, che crescendo permetteranno loro di pregare in compagnia di altre persone, ma imparano anche a contestualizzare la preghiera nel complesso delle nostre vite.
4. Infine vorrei consigliare ai genitori di non demoralizzarsi. A volte i bambini non hanno voglia di pregare, altre sembrano distratti, altre interrompono mille volte… il mio consiglio è di rimanere sereni e continuare a pregare noi per primi, in un posto visibile, nell’ora stabilita, invitandoli a partecipare. Se lo vorranno, potranno unirsi in ogni momento. In questo modo capiranno che la preghiera non è né un gioco né una punizione, ma qualcosa di importante per tutta la famiglia, a cui possono partecipare sempre e comunque.
Continua…

Lascia un commento

Archiviato in educazione, famiglia, preghiera

Pregare con i bambini /1

Per alcune famiglie è un appuntamento fisso. Per altre un vago desiderio, o una di quelle cose che “sarebbero belle, se…”. In realtà è più facile di quello che sembra. Richiede pochissimo tempo e dà moltissimo in cambio.
Pregare in famiglia aiuta i vari membri a sentirsi uniti, a sentirsi parte di un gruppo coeso. Si può pregare gli uni per gli altri (perché mamma guarisca, perché la sorella più grande passi bene un esame, perché il papà faccia buon viaggio, perché il fratellino piccolo non abbia paura durante la notte e non faccia brutti sogni…), si può pregare per gli amici, i parenti, per persone in difficoltà di cui siamo venuti a conoscenza. Pregare è un atto di amore, un dono.
Pregare in famiglia aiuta a creare dei rituali famigliari: le preghiere prima dei pasti, le preghiere del mattino e della sera, il momento del Rosario detto insieme… sono tutti modi per scandire le giornate con momenti di unione e di riflessione, sono modi per rallentare, per prepararsi a quel che viene dopo, per gestire le transizioni rendendole più dolci. La preghiera può fornire alcuni punti fermi nelle giornate sempre troppo frenetiche dei nostri figli (e nostre).
Pregare in famiglia aiuta a dare un ritmo al tempo: c’è il ritmo del giorno, c’è il ritmo della settimana (la domenica con la Messa, il venerdì senza carne), c’è il ritmo dell’anno con i suoi tempi forti (Avvento, Natale, Quaresima, Pasqua) e con le sue festività (feste mariane, Corpus Domini, san Giuseppe, san Michele, onomastici dei membri della famiglia). Questo crea una trama di giorni, di tradizioni, di celebrazioni, che permette ai nostri figli di vivere in maniera più vivida, più ricca di significato, lo scorrere del tempo.
Pregare in famiglia attira la Grazia di Dio sulla famiglia stessa, aumenta la grazia di stato (cioè la grazia specifica che Dio concede a ciascuno per compiere proprio quello che è il suo dovere specifico di madre, padre, figlio, fratello) di tutti i suoi membri.
Pregare in famiglia è la prima formazione spirituale per i nostri figli: non possiamo credere che i bambini possano essere riempiti di amor di Dio con l’imbuto all’età del catechismo, se questo amore non sarà stato già trasmesso in famiglia in modo naturale e convinto.
Continua…

Lascia un commento

Archiviato in famiglia, preghiera

Che cosa significa educare? Riflessioni su libertà e autorità



Tertulliano: “Fiunt non nascuntur christiani”, (Apologeticum 18,4).


Cosa significa educare? Le risposte a questa domanda sono potenzialmente infinite. Anche raggruppate per tipologie, temo che un sondaggio sull’argomento porterebbe a risposte talora inconciliabili tra loro e che dipendono da altre domande ancora, quali “cos’è un bambino?”, “cosa è bene o desiderabile per un bambino?”, “quali obiettivi deve centrare divenendo adulto?”.
Dirò subito che non mi piacciono i piani a tavolino: prima di tutto mi chiederei chi è QUESTO bambino, quali caratteristiche ha, quali piani ha il buon Dio su di lui. Sono certamente convinta che ogni essere umano porti in sé un suo progetto, che può fiorire o abortire (e tutti i gradi intermedi tra queste due cose) per via di mille fattori, ma che l’educatore deve sostenere con ogni mezzo a sua disposizione. Tuttavia, è inevitabile che ciascun genitore, ciascun educatore, si ponga degli obiettivi in vista dei quali mette in atto alcune azioni.
Ad occhio, direi che frequentemente il primo obiettivo di un genitore per i propri figli sia la salute. Una salute che può avere sfumature fisiche e anche psicologiche.
In secondo luogo, che sia felice, certo. Ma come? Che sia allegro in ogni momento? Che si diverta moltissimo? O che sappia impegnarsi in vista di un bene maggiore, che sappia raggiungere un equilibrio capace di affrontare sfide, dolori e fatiche della vita in modo maturo, ricco e responsabile?
Ancora una volta, trovo utile (e per me necessario) riepilogare e ordinare i miei obiettivi.
1. Primo obiettivo: piacere a Dio. La mia visione della vita è certamente teleologica, cioè è la fine che dà un significato al tutto, e se la fine significa raggiungere il Paradiso piuttosto che l’Inferno, tutto il resto non può essere che funzionale a questo percorso. Pur non amando particolarmente la sofferenza e la malattia in sé, devo riconoscere che una vita di sofferenze che si conclude con la Grazia di Dio mi sembra più riuscita di una vita di piaceri e salute che si concluda nella dannazione. Ciò non toglie un sano desiderio di essere sani, felici, soddisfatti, anzi rende queste cose ancora più preziose, in quanto viste non come “diritti inalienabili”, ma come doni e opportunità.
2. Secondo: realizzare il proprio progetto interiore. In altri termini, la propria “vocazione”. Che può essere davvero qualunque cosa: il matrimonio come la vita religiosa, lo studio come l’arte, il lavoro manuale come l’assistenza al prossimo. Scoprire, valorizzare, sostenere tale vocazione è per me il ruolo principale di ogni educazione.
3. Terzo: avere gli strumenti che servono per i propri obiettivi. Essere capaci di vivere serenamente con sé stessi e con gli altri, prendersi cura della propria salute fisica e dell’equilibrio psicologico, saper affrontare le situazioni difficili, il dolore e la fatica, saper rinunciare a un bene prossimo per un bene superiore (es. rinuncio a dormire fino a tardi, per occuparmi di un progetto che richiede molte ore di lavoro).
Mi è capitato spesso di riflettere su un’ampia gamma di stili educativi, radicati a loro volta in ben precise antropologie, chiedendomi cosa potevo prendere da ognuno per raggiungere i tre obiettivi appena dichiarati e cosa invece non faceva al caso mio.
In particolare trovo che uno dei temi “critici” sia il rapporto tra libertà e autorità.
A un estremo, la convinzione che il bambino possa e debba “autoeducarsi”. Che abbia in sé tutte le risorse per la propria formazione, almeno in potenza, e che il ruolo dell’educatore debba – il più possibile – limitarsi ad affiancare, sostenere, fornire gli strumenti di questa autoformazione. Le declinazioni possono essere numerose (scuola montessoriana, libertaria, unschooling…). In ogni caso c’è la certezza che il bambino sia “buono” in radice, competente, un una specie di crisalide che contiene in sé la farfalla futura. L’adulto, in questa visione, deve tendere a scomparire, rischia di essere un ostacolo, una fonte di imposizioni e di condizionamento. Certo, c’è anche l’adulto in sintonia con il bambino, ma è un adulto che osserva, che serve, che sostiene. Molto raramente propone, mai impone.
All’estremo opposto, la convinzione che l’essere umano vada plasmato fin da piccolo, che vada modellato come argilla fino a che è tenero, anche con rigidi sostegni. Questo tipo di educazione, più “tradizionale”, nella sua versione estrema vede nel bambino, nella sua naturalità, un pericolo, una porta aperta al male, che va salvato con l’educazione dal rischio di rimanere selvatico, di portare il segno del peccato.
La prima filosofia porta spesso a una proposta morale di profilo basso o nullo, la seconda tende a una proposta morale massimalista, di tipo fondamentalista. Al di fuori dell’unica opzione educativa ammessa, tutto il resto è errore, o peccato. Ho persino letto di libri che teorizzano le percosse perché tutti i bambini sono fondamentalmente “cattivi” e devono apprendere ad essere buoni con la costrizione. Ora, posso capire che uno scappellotto scappi quando si perde la pazienza, ma considero delirante programmarlo come modo di liberare il bambino dal male che è in lui.
E io?
Io cerco di mantenere una visione cattolica su questo tema fondamentale. Sono certa che il bambino racchiude in sé luce ed ombra, peccato e grazia, potenzialità e punti deboli. Sono certa che il piano su ogni singola persona sia in ultima istanza riservato a Dio, ma sono certa che la famiglia è chiamata a collaborare in modo fattivo a questo piano. In un certo senso, la nostra stessa famiglia fa parte del piano che Dio ha su di noi.
Nella pratica, ciò significa che mi sforzo di trasmettere, senza complessi, il mio sistema di valori morali, non come imposizione, ma come opportunità di essere liberi per qualcosa di grande.
Non ritengo che necessariamente il mio sia l’unico metodo buono, o funzionante, o giusto. Posso però essere critica con ciò che considero moralmente sbagliato o fuorviante.
Al culto della libertà per la libertà, preferisco il senso della libertà come capacità di scegliere il bene e perseguirlo, anche con sforzo e sacrificio personale.
E’ un po’ come praticare uno sport: c’è un allenatore che dà indicazioni, ci sono gli sforzi per padroneggiare il gioco, il corpo, la strategia… e c’è la soddisfazione della competizione. Senza gli allenamenti, senza i muscoli che fanno male, non c’è neppure la gioia della prestazione sportiva. La libertà vera, in questo caso, è di poter scegliere un obiettivo (voglio giocare a basket, voglio riuscire a danzare Il lago dei cigni, voglio saper suonare una canzone del mio cantante preferito, voglio poter leggere un libro che mi piace… fino a voglio fare il veterinario, voglio poter lavorare per mantenere decorosamente la mia famiglia…) e di saper organizzare le proprie forze, le risorse, il tempo, le doti, in vista di questo obiettivo. Saper vedere oltre il piacere o il vantaggio immediato, sebbene il piacere e il vantaggio in sé non siano un male e talora vadano assecondati.
Non è facile saper distinguere tra le esigenze fondamentali di un bambino (sicurezza, protezione, fiducia…) e quelle secondarie (possesso, conformismo, comodità…), ma in questa distinzione va posto il limite tra libertà (di seguire le proprie esigenze primarie) e autorità (per ordinare le esigenze secondarie del bambino). Si tratta non di distinguere nelle istanze del bambino tra bene e male, ma di ordinare secondo una scala di valori graduata dal bene maggiore al bene minore. Di ogni cosa poter godere tanto quanto mi porta verso il vero piano di Dio su di me e sacrificare il resto.
Può sembrare una posizione aprioristica, o idealista, ma – al contrario – mi pare l’unica dotata di un sano realismo, che non radicalizza il bambino come un portatore di bene o di male assoluto, ma che permette di volta in volta di riconoscerne le istanze nel complesso di un percorso molto articolato. Perché per me i termini “cattolico” e “realista” sono assolutamente sinonimi.

1 Commento

Archiviato in educazione, famiglia

Sabato, domenica


Sabato è stato un giorno speciale per Caterina… la sua amica del cuore, Serena, ha passato la giornata e la notte da noi! Era la prima volta che lei aveva un’ospite per la notte.
Entrambe il sabato mattina hanno fatto i compiti (ma sorridendo, confrontandosi, chiacchierando sottovoce…, senza il solito senso di fatica che la opprime). Poi si sono dedicate a un lavoretto di loro iniziativa: hanno rivestito una scatola da scarpe, ne hanno decorato il coperchio con un collage e poi hanno modellato un orsacchiotto in una specie di plastilina, con l’intento di incollarlo al coperchio non appena fosse indurito.
Marco si è occupato di una tartaruga sovrapposta a quello che sembra un serpente, Benedetta e io abbiamo preparato un ciondolo per lei (con gli stampini da dolci e una B incisa) e poi una fatina dal volto un po’ deforme, in realtà. Abbiamo usato questo prodotto, che in effetti è maneggevole, oltre a produrre colori bellissimi nel mix dei colori-base presenti nella confezione (con altri prodotti simili ottenevamo sempre un marroncino spento o un viola cupo). Lo so, non è come il play-doh fatto in casa… ma ogni tanto riesco a mettere a tacere la vocetta dentro di me che mi dice di strafare, e mi dico che “qualcosa” è meglio che niente.
Nel pomeriggio Giorgio e Marco sono andati a calcio e poi ci siamo ritrovati tutti alla festa per la presentazione dei campeggi estivi per bambini di Alleanza Cattolica. Al ritorno abbiamo noleggiato un dvd, che abbiamo visto subito dopo cena.
Le due amicone hanno dormito insieme sul divano-letto, e due vocette sommesse e sorridenti si sono sentite a lungo dopo lo spegnimento delle luci…
Il mattino dopo siamo andati insieme a Messa, mentre nel pomeriggio abbiamo manipolato ancora un po’, fatto puzzle complicatissimi e una torta al cioccolato.
Vorrei tanto poter godere maggiormente di queste cose, non doverle sempre recepire tra i fumi della stanchezza e del mal di schiena… mi rendo conto che la gioia è una virtù difficile, ma di questo mi propongo di parlare nei prossimi giorni.

2 commenti

Archiviato in famiglia, gioco

Messa Abbaziale a Torino


In occasione del pellegrinaggio alla Santa Sindone dei monaci benedettini dell’abbazia Sainte-Madeleine di Le Barroux, lunedì 17 maggio 2010, alle ore 10:15, sarà celebrata a Torino una Messa Abbaziale nella forma straordinaria del Rito romano presso la chiesa dei Santi Martiri (Via Garibaldi 25), eretta dai gesuiti nel 1577 in onore dei più antichi patroni di Torino: Avventore, Ottavio e Solutore, appartenenti alla legione tebea e martirizzati nel III secolo.
Celebrerà solennemente il M.R.P. Dom Louis-Marie Geyer d’Orth O.S.B., abate di Le Barroux, accompagnato da oltre venti monaci, che canteranno il proprio della Messa “Sacratissimæ Sindonis Domini nostri Iesu Christi”.
La partecipazione dei fedeli è gradita, come pure la diffusione della notizia.
Notizia tratta dal blog Romualdica, con il permesso dell’autore.

Lascia un commento

Archiviato in monastica