Archivi del mese: marzo 2012

Deserto

Oscillo tra due estremi, tra due desideri assoluti: la ricerca del deserto, luogo spirituale dell’incontro con sé stessi e con Dio, luogo della solitudine, del silenzio, della contrazione dell’uomo al suo nucleo centrale, senza orpelli, senza parole, nessun gesto, nessun oggetto superfluo. Può presentarsi come bosco, come monastero, come cella solitaria… il deserto ha molte forme. Nel deserto l’uomo è infinitesimale, un granello di sabbia tra milioni di granelli di sabbia, la natura e Dio sono tutto.
All’opposto a volte sono gli uomini ad affascinarmi, i loro rapporti, i loro dolori. Guardare crescere i miei figli, incontrare altre persone, altre famiglie, soprattutto stabilire relazioni emotive con gli altri. Confrontarsi, confortarsi a vicenda.
Non è il mio forte, ma è quel che sono chiamata a fare. Che vorrei fare con il silenzio del deserto nelle orecchie, con il calore della vicinanza nel cuore. In tante piccolezze che mi irritano negli esseri umani, saper guardare le anime, che sono di Dio.

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Uno sguardo sul web

Nel web naturalmente si trova davvero di tutto e, proprio per via di questa abbondanza di materiale, a volte non riusciamo ad accorgerci di isole un po’ raccolte, ma molto ben curate.

Un po’ come si fa quando si distribuiscono i vari premi tra blogger, ho pensato di fare qualche segnalazione, di blog vecchi e nuovi che seguo con grande piacere e che consiglio con gioia:

http://unacasasullaroccia.wordpress.com/ Sottotitolo: “Cercando il buono, il vero e il bello…”

E’ nato da poco, ma ha già raccolto molto materiale. Un blog di apologetica cristiana, che tratta insieme temi di attualità e temi eterni.

http://filiaecclesiae.wordpress.com/ Sottotitolo: “Carpe gratiam!”

E’ gestito da due amici con gusti molto affini ai miei, quindi lo consiglio dalla prima all’ultima riga. Contiene dei veri tesori.

http://continuitas.wordpress.com/ Sottotitolo: “la Chiesa è, tanto prima quanto dopo il Concilio, la stessa Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica in cammino attraverso i tempi” (Benedetto XVI)

Un blog che affronta in modo serio e argomentato la tanto citata “ermeneutica della riforma nella continuità”.

http://www.leportedellaterradimezzo.blogspot.com/ Sottotitolo: “abito la Terra di Mezzo, in servizio permanente effettivo, tra un fonendo ed una tazza, di ricetta in ricetta”

Un’amica, medico omeopata, appassionata di cucina e di mille piccoli piaceri della vita quotidiana, ma che non trascura la fede e la vita dello spirito.

Infine ribadisco la segnalazione di due blog già ricordati in passato:

http://romualdica.blogspot.com/ Sottotitolo: “Note di un oblato benedettino”

Una ricca fonte di testi sulla spiritualità monastica, in particolare quella legata alla Forma Straordinaria del Rito Romano, con un attaccamento particolare all’Abbazia di Le Barroux, di cui sono a mia volta oblata.

http://costanzamiriano.wordpress.com/ Sottotitolo: “Sposati e sii sottomessa. Il blog di Costanza Miriano”

Non ha certo bisogno della mia pubblicità: il libro di Costanza Miriano è il caso editoriale dell’anno e anche il blog ha un successo meritatissimo. Le discussioni che seguono i vari post, pur essendo talora animate, rimangono in un quadro di grande compostezza e di vero arricchimento reciproco.

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Retablo – Tavola seconda: Il bello

Segue il secondo post, pubblicato sul blog di Costanza Miriano.

Ho pensato a lungo alle critiche di alcuni utenti di questo blog, persone che stimo e che han detto più volte che c’è troppo pessimismo, troppo attacco al mondo, troppo cattolicesimo barricadiero in alcuni post. È vero. Io stessa ho questa tendenza e la prima parte del mio Retablo sembra la descrizione di un incubo alla Orwell, senza speranza né gioia.

Forse c’entra anche l’indole personale, oppure la storia di ciascuno di noi: io sono stata segnata da tante cose, tra cui la meditazione sui due stendardi, che si fa durante gli Esercizi spirituali di sant’Ignazio di Loyola,: “Il primo preludio è la storia. Sarà qui come Cristo chiama e vuole tutti sotto la sua bandiera e Lucifero al contrario sotto la sua”. Durante gli Esercizi siamo chiamati a scegliere sotto quale bandiera, in quale esercito militare: che ci sia una guerra, è dato per scontato. Ma di questa guerra la storia è già scritta. Un esercito ha già vinto, per sempre, il suo antagonista. Non è così difficile la scelta.

È difficile amare i nostri nemici. Guadagnarli al nostro esercito, per quanto possiamo. Ecco, in questa lotta, non dobbiamo dimenticare le regole della cavalleria: scontro leale, un braccio teso al nemico disarcionato. Soprattutto, vero amore per le anime, che si può sposare soltanto con un sincero amore per la verità e dunque orrore per il peccato.

Il punto è che gli uomini, per loro natura, non sono portati a ragionare correttamente mentre li minacciamo con un grosso bastone. Né, curiosamente, diventano più aperti alla Grazia mentre organizziamo contro di loro un attacco frontale. Tali attacchi andrebbero riservati all’errore, non all’errante. L’errante si conquista al vero – che è preludio al Vero – con sguardo limpido, genuino interesse, vero amore, non di quella melassa che riempie schermi e canzonette, l’amore di cui si dice “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13). Ecco, questo amore all’interno di una battaglia, c’è chi sa esprimerlo meglio di altri. C’è chi sa dare dei segni. Dal canto mio, so di non essere stata convertita da un esercito –per quanto vittorioso – ma da un’immagine del Paradiso. E più specificamente, dalla Bellezza di tale immagine. Nulla mi è sembrato più vero, in vita mia, di tale bellezza.

“A Dio si arriva attraverso il vero, il buono e il bello. La Rivoluzione – intesa dalla scuola contro-rivoluzionaria come processo di attacco al cristianesimo che percorre tutta la storia dell’Occidente moderno – ha reso particolarmente difficile, tanto più per i laici immersi nel mondo, cogliere il vero e il buono. Rimane il bello, ed è significativo come la scuola contro-rivoluzionaria del XX secolo abbia insistito sulla via pulchritudinis, la via del bello, non certamente come l’unica via spirituale del nostro tempo ma come una via specialmente adeguata ai laici nell’epoca della Rivoluzione” (Massimo Introvigne, vedi qui). La bellezza, è il segno che resta di due millenni di civiltà cristiana: continua ad attrarre e volgere le anime verso il mondo spirituale che l’ha prodotta.

Chiese romaniche, musica barocca, arte gotica, mosaici bizantini, canto gregoriano, vetrate cattedrale, la “bellezza” del pensiero di sant’Agostino e san Tommaso, monasteri sparsi per l’Europa, chiostri cistercensi, Dante e Manzoni, possono essere non solo morti resti del passato, ma ciò che alla fine conta, ciò che abbiamo da passare al futuro, ciò che ci caratterizza. Ecco, la via della bellezza è la via che porta a Dio guardando un paesaggio in montagna o una tempesta sul mare, ma anche le opere degli uomini innalzano l’anima, se vengono da un’autentica ricerca di Dio. Possiamo chiederci se nell’epoca presente siamo ancora capaci di produrre gli stessi capolavori di arte e bellezza del passato, ma non credo che si possano rincorrere le forme, bisogna risalire alla sorgente, che è la ricerca di Dio.

Il massimo della bellezza, in vita mia, l’ho visto in monastero, durante l’ufficio liturgico dei monaci in canto gregoriano e ancor più durante la Messa conventuale, autentico anticipo di Paradiso in terra.

E qui, circolarmente, ricomincia la riflessione sul vero.

La prima parte qui.

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Retablo – Tavola prima: Il vero

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Ripropongo qui, a qualche settimana di distanza, un paio di miei articoli gentilmente ospitati sul blog di Costanza Miriano. 

Il mondo è in frantumi, lo diceva già una trentina di anni fa Solgenitsin, e non aveva ancora visto il peggio.

Il sociologo Giuseppe De Rita, nel 44° Rapporto annuale del Censis (2010), parla di “società coriandolare”, ancor più disgregata rispetto a quella “liquida”, descritta da un altro sociologo, Zygmunt Bauman.

Come siamo finiti in coriandoli?

Stracciando sempre più i rapporti che legano l’uomo a Dio, poi quelli che legano l’uomo all’uomo, infine i legami interni che tengono unito l’uomo in sé stesso. A ogni pezzetto che andava in frantumi, ci siamo appellati a qualche libertà, a qualche bisogno reale, senza comprendere che ci consegnavamo, mani e piedi legati, ai nostri nemici o, se volete, al Nemico.

Ma il primo passo, quello che più conta, è stata la mistificazione del concetto di verità.

Siamo piombati nel mondo dell’opinione: quella di Lutero e dei suoi seguaci, che non vollero sottomettersi all’autorità della Chiesa, e poi passo passo l’opinione che accampa pretese nei confronti di ogni altra autorità, quella di chi crede che si possa decidere della vita e della morte in piena autonomia, nell’aborto e nell’eutanasia, l’opinione di chi vuole addirittura rinnegare l’evidenza di maschile e femminile, trasformandola in una libera scelta, un’opzione volontaristica tra tante.

Non che la verità sia semplice: è una tensione, un lavoro, una responsabilità. Ha i suoi rischi, come tutto.  Ha i suoi vantaggi, però, per i quali è insostituibile: è roccia a cui poter tenere ancorato il pensiero, è solida, si impone, è valida moneta di scambio tra uomini.

La verità ha come primo presupposto la convinzione che ci sia un mondo al di fuori di noi almeno parzialmente conoscibile e come secondo presupposto la persuasione che abbiamo gli strumenti – intelletto, logica, sensi e loro estensioni artificiali – per conoscerlo.

Contra facta non valet argumentum, dice un vecchio adagio. Ecco, mi guardo attorno e vedo un mondo che accampa argomenti su argomenti contro i fatti, al punto da negare l’esistenza dei fatti stessi, riconoscendo valore fondativo ai soli argomenti. Senza verità, siamo tutti coriandoli isolati, senza capacità di comunicare, in grado soltanto di prevaricare o essere prevaricati. Senza verità, siamo disperati, perché ciò che la nostra mente ha autonomamente creato, in un attimo la nostra mente può autonomamente distruggere. Senza verità, a nulla serve la famiglia, ci saranno mille famiglie e infinite combinazioni possibili di esseri umani e relative pulsioni e figli concepiti nel più antico dei modi e poi in mille altri modi ancora, tutti i modi essendo intercambiabili. Famiglia non sarà più il nucleo che dura nel tempo, che trasmette la vita e la cura, specie nei più deboli: bambini, malati, anziani. Famiglia sarà un nucleo provvisorio di rivendicazioni infinite: case, patrimoni, figli come beni da assegnare, pensioni, sgravi fiscali. Nascite da programmare, eutanasie da calendarizzare. Senza verità, l’uomo in sé stesso è un oggetto auto costruito/auto distrutto.

Le ultime derive dell’arte, ad esempio l’artista Franko B (attenzione: il link è solo per stomaci forti), sono inquietanti: si usa il corpo stesso come opera d’arte, non più in performance in cui viene dipinto e decorato come nella vecchia body art,  piuttosto sezionandolo e ricomponendolo arbitrariamente, facendone oggetto di performance di alta macelleria. L’ultimo stadio della lotta all’uomo: l’uomo che lotta in sé stesso, che si vuole ridefinire su base volontaristica; scelgo il sesso, ma anche la forma, la trama della pelle, la disposizione degli organi… come sempre l’arte, anche nelle sue aberrazioni, sa arrivare al fondo delle questioni.

In Gen 3,21 leggiamo “il Signore Dio fece all’uomo e alla donna tuniche di pelli e li vestì”. Cacciando Adamo ed Eva dal Paradiso terrestre, Dio ne ha subito cura, li veste, dà loro un abito: un habitus, delle abitudini, delle consuetudini che lo proteggano e ne rivestano la nudità.

La folle lotta contro la verità a cui stiamo assistendo prende forme molteplici, ma mai così virulente come la lotta alla famiglia, il raggruppamento umano minimo, il nucleo di base in cui la verità è incarnata da relazioni biologiche, da necessità vitali, da trasmissione di abitudini/abiti, cioè di civiltà, dal passato al futuro. Non è un caso che la lotta più dura si stia combattendo su questo fronte. Non si tratta soltanto di omosessualismo, di aborto ed eutanasia, si tratta di sciogliere il significato stesso di famiglia ampliandolo a dismisura, diluendolo in ogni salsa, fino a raggiungere il vero sogno di ogni assolutismo: una società di cellule separate, di coriandoli, da organizzare e riorganizzare in continuazione sulla base di funzionalità provvisorie, convenienze temporanee, organigrammi sempre mobili. Ogni individuo considerato soltanto nella sua capacità di produrre e di consumare, senza anziani da custodire, senza figli inopportuni a cui badare, senza troppe tare genetiche, senza legami che non possano essere sciolti secondo necessità. Uomini come oggetti.

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