Quel che non va nella scuola – prima parte

Premetto che ho sempre avuto figli nella scuola pubblica e solo da un paio di anni ne ho due nella scuola privata. Premetto (perché senza premesse ci si fraintende) che a me la scuola va bene pubblica, va bene privata, va bene anche famigliare (o homeschooling), basta che funzioni. E già sul concetto di “funzionare” si apre un abisso di opinioni contrastanti.

Molti, giustamente, lamentano i continui tagli di bilancio che deve patire la scuola pubblica: la carta igienica che manca, i fogli per le fotocopie che si devono portare da casa, i continui tagli agli insegnanti, i bidelli a ranghi ridotti, niente laboratori, un paio di vecchi computer per istituto, nessun laboratorio linguistico. Preoccupa anche me il taglio continuo di investimenti in cultura, formazione, istruzione.

Ma ancor più mi preoccupano le persone. Io ricordo che quando facevo le elementari era bastato un maestro fantasioso e una piccola vendita di lavoretti fatti dai bambini ai genitori e ci eravamo finanziati un orticello, avevamo una capretta e un paio di conigli a cui portavamo da mangiare. Due papà volenterosi avevano costruito il recinto.

Lo stesso maestro, si chiamava Michele, ci spiegava la storia facendoci realizzare dei “fotoromanzi”: scrivevamo la trama, confezionavamo i costumi e le scenografie, recitavamo il nostro racconto storico, venivamo fotografati (o eravamo noi a scattare, non ricordo) e poi ne facevamo una storia illustrata (c’era ancora il ciclostile, altro che programmi di impaginazione…). Lo stesso fotoromanzo veniva poi venduto ai genitori, così si finanziava qualcos’altro.

Passavamo ore in giardino a giocare: a palla, all’elastico, a saltare la corda, a tappini, a nascondino.

Avevamo i compiti a casa, ma non ricordo una sola domenica, né un sabato in cui la mia famiglia sia stata ostaggio dei miei compiti.

Ero in una scuola a tempo pieno (uscivamo alle 16,30) e mi sembrava di avere un sacco di tempo libero.

Il maestro Michele era un po’ fricchettone, portava sempre la chitarra ed era pieno di metodi originali per spiegare le cose. Ho un vago ricordo che non piacesse particolarmente ad alcune mamme, ma non ci sono mai stati conflitti.

La maestra era invece più tradizionale, veniva da un paesino di montagna e spiegava benissimo. Ci faceva fare tanti lavori di gruppo e tutti l’adoravamo (genitori compresi).

Il sabato mattina si facevano attività manuali (cucito, falegnameria, ecc…), spesso con l’aiuto di qualche genitore volenteroso (io fui vergognosamente allontanata dal cucito, dopo l’ennesimo groviglio indistricabile, ma me la cavavo in falegnameria).

Ancora oggi per richiamare alla mente alcuni concetti matematici, alcune regole di grammatica, richiamo il ricordo vivido della relativa lezione fatta dai miei maestri di allora. Con tutti i loro possibili limiti, mi sembra che i miei maestri sapessero fare il loro mestiere, che le famiglie dei bambini fossero pronte a collaborare in modo positivo, senza ledere l’autorità degli insegnanti e senza sindacalizzare ogni relazione con la scuola.

Adesso sembra tutto più difficile, tutto più greve nella scuola, perchè?

(fine prima parte, segue)

16 commenti

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16 risposte a “Quel che non va nella scuola – prima parte

  1. Che bel post Daniela!
    Che nostalgia dei tempi delle elementari. E’ vero, era tutto più vivo, più reale, più concreto e meno stressante.
    Non vedo l’ora di leggere la seconda parte.

  2. Pingback: Quel che non va nella scuola – prima parte « Perfectio Conversationis

  3. Carissima, come spesso proponi delle riflessioni importanti, interessanti e con un modo di scrivere molto piacevole.
    Giá, perché talmente tante cose sono cambiate, diventate piú difficili?
    Anch’io ricordo una scuola diversa, ai miei tempi, ovviamente non solo cose positive ma ritrovo molto di quello che racconti tu: pochi compiti, mai di domenica, tre insegnanti che quasi sempre ci accompagnavano durante l’intero percorso di scuola elementare (una maestra di classe, una per italiano (seconda lingua) e un’insegnante per religione)…in fondo, le cose erano molto meno complicate.
    Non lo dico solo perché guardando indietro nel tempo magari tutto ti sembra meglio e piú bello, ma anche parlando con insegnanti che insegnavano giá allora e che mi dicono che non hanno mai sofferto come adesso, i lati negativi della loro professione stanno aumentando da anno in anno.
    Ma a parte tutto il concetto didattico che é cambiato ed anche molti contenuti e la struttura dell’istituzione “scuola”, credo che infine, come tutte le istituzioni, anche la scuola é uno specchio della societá che cambia e che é cambiata: tanto per fare un esempio, nella mia classe alle elementari su 24 bambini non c’erano genitori separati o famiglie patchwork o mamme single, e tutte le mamme erano casalinghe (con un’eccezione, la mamma di una mia amica che di mattina collaborava nella pasticceria gestita dal marito). Ora, vi prego, assolutamente non voglio dire che sia giusto questo modello, attenzione! Ma forse si puó dire che nelle famiglie c’era piú tranquillitá, meno stress, meno bisogno di organizzarsi su orari, sul chi poteva aiutare a fare i compiti, a gestire i pomeriggi ecc. Si tornava a casa da scuola alle 12,30 e si trovava mamma e papá al tavolo ad aspettare con il pranzo. È, per me, stata una cosa naturale, ovvia, ma anche molto piacevole, che trasmetteva serenitá, sicurezza. Ci si raccontava le cose di scuola, e dopo aver lavato i piatti insieme, il papá riposava sul divano prima di tornare al lavoro e la mamma dava un’occhiata ai compiti da fare e casomai era lí a dare una mano. So che é stato cosí per la maggiorparte, se non per tutti, i miei compagni di classe, era la situazione standard. Ogni tanto andavo a casa con la mia amica e ritrovavo praticamente la stessa scena. Mi viene quasi da dire che era una situazione idilliaca (si dice cosí?) e quando ripenso a questi momenti di complicitá mi si riscalda il cuore.
    Ecco, i tempi sono cambiati molto, l’insegnante con cui parlavo di questo diceva che ora in prima elementare alle 8 arrivano i bambini che giá per colazione hanno guardato mezz’ora di televisione, invece di andare a scuola a piedi arrivano in macchina portati da genitori stressati che devono sbrigarsi per arrivare al lavoro, i pomeriggi li passano fra una attivitá extrascolastica all’altra perché a casa non c’é nessuno. Per forza queste cose, la societá che é cambiata, i modelli di famiglia che non sono piú uno ma tanti diversi, ognuna con altri bisogni, hanno degli effetti anche sulla scuola. Ai miei tempi eravamo piú o meno un gruppo omogeneo, anche dal punto di vista culturale. Credo che insegnare non sia stato mai cosí difficile come oggi. Gli insegnanti non sono solo insegnanti, ma devono fare anche i psicologi e tanto altro. E poi la burocrazia… l’insegnante mi diceva che é un incubo tutte le carte che devono tenere, tutto dev’essere segnato, protocolli da fare in triplice copia, ogni progettino dev’essere documentato nei dettagli, e poi un mucchio di assemblee con gli altri insegnanti, e anche lí le cose sono piú complicate di una volta perché ti ritrovi la collega di “vecchio stampo” con un’altra appena uscita dalla specializzazione montessoriana e poi un’altra ancora con altre idee e cosí diventa sempre piú complicato seguire un certo “filo rosso”.
    E poi le riforme, in continuazione, appena ti sei abituato ad un modello ecco che ricambia la legge o il regolamento e bisogna iniziare da capo. Non é facile, né per gli insegnanti, né per le famiglie e tantomeno per i bambini. A pensare che l’infanzia dovrebbe essere uno dei periodi piú belli e spensierati della vita, non si dice cosí? Ma in queste condizioni é davvero difficile.

    Ma questo é solo uno dei temi dove si sente sulla propria pelle l’impatto dei cambiamenti della societá. Cara d., non ho il coraggio di pensare come saremo messi quando avremo una certa etá. Non si parlerá piú di scuola ma di case di riposo, di badanti, di spazio e di denaro che c’é o non c’é (il discorso della scuola privata, no?), di tutti quei problemi da affrontare dove giá oggi si naviga in altomare. Se nell’era dei miei nonni era naturale tenere gli anziani in famiglia, oggi questo non é nemmeno piú possibile (con i figli che devono lavorare fino a 70 anni?). Vabbé dai, pensiamo in positivo…

  4. Sybille

    Ops, ero io, scusa ho sbagliato indirizzo, stavo aggiornando il blog di Tanna! 😉 vedi cosa succede quando si fanno piú cose contemporanteamente, eh-eh…
    Sybille

    • perfectioconversationis

      Cara Sybille,

      come sempre dici cose giuste e hai anticipato alcuni temi che avevo intenzione di toccare (come è cambiato il lavoro degli insegnanti, come sono cambiate le famiglie, come è cambiata la società…).
      Credo anch’io che non ci sia solo un elemento di comprensibile nostalgia per la propria giovinezza (anzi, io ero personalmente una bambina piuttosto malinconica e non ho grandi nostalgie per quel periodo), ma che molte cose fossero più semplici e a misura di bambino.

  5. attendo anche io la seconda parte!

  6. Interessante, ho anche io in cantiere un paio di post sulla scuola,visti dalla mia posizione di insegnante di sostegno, ho iniziato a lavorare da appena un mese ma un’idea me la sono fatta a concordo su quello che dici tu:nella maggior parte dei casi devo diventare psicologa per gli alunni “normali” figli di vite stracciate piuttosto che occuparmi dei “miei” bambini disabili..e poi lo stipendio che riceviamo, veramente ridicolo..l’orario che cambia continuamente..oggi a scuola mancavano le 3 bidelle (!) quindi non c’era nessuno che suonava la campanella, l’intervallo, apriva la porta se arrivava qualcuno..un delirio!

  7. concordo sull’atmosfera della scuola di quando eravamo bambini noi.. ho vissuto una materna e elementari bellissime, con maestre che mi porto ancora nel cuore, entusiasmo, voglia di fare, creatività. cose che poi purtroppo è stato fatto di tutto perché mi apparissero futili, da rinnegare.. in nome dell’esteriorità, del superfluo, della carriera ad ogni costo.
    ora mi ritrovo a dover difendere il mio diritto a voler essere madre, a tenere i miei figli con me, senza che la scuola me li spenga..
    abbiamo dei grembiulini a quadretti bianchi e azzurri in casa, arrivati insieme ad altri vestitini usati, li uso come bavaglini per cesare (2 anni): lo guardavo prima, mentre si cenava, e mi faceva pena, perché ci rivedevo tutti quei bimbi che scorgo nel cortili degli asili, li vedo (forse con i miei occhi) soli.. a cercare di capire come devono crescere in questo mondo troppo adulto.

    scusate. un pò troppo dura eh?..

  8. m@w

    Io ho un ricordo della mia scuola completamente diverso e non piacevolissimo, almeno fino al Liceo. L’asilo lo odiavo. Non avevo un bel rapporto con l’unica maestra e cambiavamo ogni anno quella/o di Religione. Alle medie ero una bambina in un branco di adolescenti alla mercè di insegnanti per lo più incapaci.
    Eppure della mia infanzia ho un bel ricordo “nonostante” i miei genitori lavorassero entrambi: i pranzi a tu per tu col papà che qualche volta mi sorprendeva portandomi a mangiare una pizza o cucinandomi qualcosa di speciale… e poi sempre lui che lavava i piatti (non avevamo la lavastoviglie) mentre guardavamo insieme Candy Candy e lasciava un posto apparecchiato per la mamma e un’oretta di libertà assoluta a me.
    E avevamo anche noi i separati, un orfano, quelli con otto figli e tanti figli unici, l’atea e la Testimone di Geova, gli immigrati (dal sud), la figlia del primario e quello della prostituta, ma eravamo bambini ed io almeno, ho sempre guardato a queste diversità con curiosità e non con timore.
    Adesso mi sa che riversiamo troppo le nostre ansie sui figli.

    Fin qui i ricordi di pancia.
    In futuro, forse, i pensieri di testa.

  9. Leggo da un po’ questo blog, essendoci arrivata cercando materiale italiano su un’illustre sconosciuta (intendo qui in Italia), Ch. Mason…
    le tue opinioni le sento molto affini. Anch’io mi occupo di tematiche educative, anzi il mio blog è principalmente rivolto a questa questione in quanto io insegno e attualmente sono vicepreside di un istituto comprensivo con 1500 alunni. Mi piacerebbe che ci tenessimo in contatto e magari con commenti reciproci istaurassimo un confronto su questi argomenti spesso ignorati… Ti inserisco tra i miei links…

    • perfectioconversationis

      Ciao Palmy,
      mi ero già imbattuta nel tuo blog e ho apprezzato il tuo interesse per tematiche non proprio “maggioritarie” nella scuola italiana.
      Come ho già detto, ritengo fondamentale l’importanza dei gesti dei singoli, se poi si tratta di qualcuno che ha anche un ruolo di responsabilità, ancora meglio!

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